Uomo che pensa |
È impossibile trattare adeguatamente
in una pagina un argomento così vasto e complesso, per cui ci accontenteremo di pochi accenni relativi agli argomenti
principali ed a quelli che hanno maggior attinenza con lo studio del
Kung Fu. Chi è interessato ad approfondire le conoscenze potrà fare
riferimento a testi specializzati.
Lo scopo principale perseguito dalla
filosofia cinese non è stato quello di comprendere il mondo, ma di
rendere “grande” l'uomo.
Nel Confucianesimo tale meta viene conseguita coltivando la virtù della “sensibilità umana” perché, secondo Confucio, l'uomo può sviluppare ed aiutare sé stesso solo se sviluppa ed aiuta gli altri.
Nel Taoismo il risultato viene raggiunto quando l'uomo diviene una sola cosa con la natura, con la “via interiore” dell'Universo.
Nel Buddismo Chan l'uomo si perfeziona e raggiunge la vera comprensione, che non è intellettuale, tramite la meditazione.
Nel Confucianesimo tale meta viene conseguita coltivando la virtù della “sensibilità umana” perché, secondo Confucio, l'uomo può sviluppare ed aiutare sé stesso solo se sviluppa ed aiuta gli altri.
Nel Taoismo il risultato viene raggiunto quando l'uomo diviene una sola cosa con la natura, con la “via interiore” dell'Universo.
Nel Buddismo Chan l'uomo si perfeziona e raggiunge la vera comprensione, che non è intellettuale, tramite la meditazione.
Anche se alcune scuole o teorie
filosofiche cercano di indagare la natura dell'Universo, l'uomo non
viene mai dimenticato, ma è considerato come il legame fra il Cielo
e la Terra. La comprensione del mondo permette così, di capire
meglio l'uomo e il suo microcosmo, rispecchiando fedelmente il
macrocosmo dell'Universo (l'uomo è inteso come un piccolo Universo).
Ma cosa significa veramente “rendere
grande” l'uomo?
L'aggettivo grande ha un doppio
significato perché si riferisce sia alla grandezza interiore che a quella esteriore.
Questi concetti sono
ben definiti dal filosofo Fung Yu Lan (Storia della filosofia
cinese, Mondadori, si consulti a proposito la sezione
Bibliografia) con i termini di “saggezza interiore e regalità
esteriore”. La forma più elevata di sviluppo per l'uomo è
quella del saggio e compito della filosofia è quello di rendere
l'uomo capace di sviluppare le suddette qualità. L'interiore
saggezza permette al saggio di elevare il proprio spirito, mentre con
la regalità esteriore egli compie una funzione sociale.
Ma perché il termine “regalità”?
Fung Yu Lan, nel suo libro, scrive:
“Chi possiede lo spirito più nobile dovrebbe teoricamente essere un re; se poi di fatto lo sia o meno ciò è irrilevante.”
“Chi possiede lo spirito più nobile dovrebbe teoricamente essere un re; se poi di fatto lo sia o meno ciò è irrilevante.”
Un vero Shih-fu (Maestro di Arti
Marziali) è un saggio, perché chi studia il kung fu, deve sempre
sviluppare parallelamente all'abilità tecnica, anche la grandezza
interiore dello spirito e la regalità esteriore.
Il Taoismo e le Arti Marziali
Lao Tse |
Per il principio del Wu Wei, il Kung Fu non è un'arte violenta, ma esclusivamente difensiva. Non bisogna infatti “agire” attaccando, ma semplicemente adattare la nostra azione a quella dell'avversario.
Lo stesso Lao Tzu dice:
“Un buon guerriero
non è bellicoso”
“Un buon combattente non è collerico”
“Un buon vincitore non dà battaglia”
“Un buon combattente non è collerico”
“Un buon vincitore non dà battaglia”
La morbidezza e la cedevolezza sono
qualità essenziali nella pratica delle arti marziali. Non bisogna
infatti opporsi alla forza dell'avversario, ma bisogna utilizzare la
sua forza per batterlo. Ecco perché Lao Tzu afferma che:
“Fra due combattenti
vince colui che cede”
Nel Tao Te Ching è inoltre messa in
evidenza l'importanza di non sottovalutare il proprio
avversario:
“Non c'è disgrazia
più grande di prendere alla leggera il proprio avversario; se
faccio così rischio di perdere i miei tesori”
L'umiltà deve essere una delle virtù
fondamentali di un capo:
"Un buon
comandante è un uomo umile”
Anche le tecniche taoiste fisiche, di
respirazione, di meditazione, di circolazione del Qi hanno avuto
un'importanza determinante sullo sviluppo del Kung Fu.
Il più importante contributo del Taoismo alle arti marziali è stata comunque la creazione del Taiji quan, attribuita al monaco taoista Chang San Feng.
Tutti i principi del Taijiquan sono in perfetto accordo con gli insegnamenti del Taoismo.
Il Taijiquan può infatti considerarsi un'arte marziale, in cui il principio della morbidezza e della cedevolezza è di fondamentale importanza; può considerarsi inoltre una forma di ginnastica destinata a conferire longevità e salute al corpo umano ed infine una forma di meditazione dinamica grazie alla quale possiamo unificarci con il Tao.
Il più importante contributo del Taoismo alle arti marziali è stata comunque la creazione del Taiji quan, attribuita al monaco taoista Chang San Feng.
Tutti i principi del Taijiquan sono in perfetto accordo con gli insegnamenti del Taoismo.
Il Taijiquan può infatti considerarsi un'arte marziale, in cui il principio della morbidezza e della cedevolezza è di fondamentale importanza; può considerarsi inoltre una forma di ginnastica destinata a conferire longevità e salute al corpo umano ed infine una forma di meditazione dinamica grazie alla quale possiamo unificarci con il Tao.
Il Buddismo Chan e le Arti Marziali
Buddha |
Il Tai Ji Quan ha
indubbiamente una matrice più taoista che buddista, ma non si può
negare l’influsso della scuola Chan sul suo sviluppo. Anzitutto
il Taijiquan deriva direttamente dallo Shaolin Quan,
che nacque proprio nel tempio in cui aveva a lungo insegnato lo
stesso Bodhidarma. In secondo luogo taoismo e buddismo, si sono senza
dubbio influenzati a vicenda. E si comprende anche perché le Arti
Marziali Tradizionali Cinesi si svilupparono in un monastero Chan
(Shaolin Szu). La vita in un monastero Chan era adattissima per
chi voleva praticare seriamente: l'alimentazione era frugale, il
sonno permesso solo quello strettamente necessario e per di più su
un duro giaciglio, il lavoro e l'allenamento fisico molto pesanti, la
disciplina severissima. Erano richiesti puntualità, autocontrollo,
sopportazione del caldo, del freddo, del dolore, imperturbabilità di
fronte al pericolo ed alla morte.
Abbiamo inoltre visto che il Buddismo
Chan insegna a vuotare la mente, a liberarla da ogni idea
preconcetta, da ogni influenza esterna. Si può così arrivare ad uno
stato di ricettività totale che permette di reagire istintivamente
al minimo stimolo.
Se la mente è libera da ogni
pensiero, priva di aggressività o paura, si possono percepire le
intenzioni di un avversario ed agire di conseguenza; si può
coltivare cioè un sesto senso che permette di prevedere il pericolo
e di anticipare le azioni del nemico.
Se la mente è invece turbata da pensieri o da preoccupazioni d'attacco o di difesa, non è possibile percepire correttamente le intenzioni dell'avversario e si può essere tratti in inganno anche da una banale finta. Il vuoto della mente ed il duro allenamento del corpo permettono di raggiungere l'unità di spirito e di corpo: il corpo (temprato dall'esercizio), non più frenato dalla mente (vuota), è pronto allora a reagire istantaneamente nel modo più efficace e puro agli stimoli.
Se la mente è invece turbata da pensieri o da preoccupazioni d'attacco o di difesa, non è possibile percepire correttamente le intenzioni dell'avversario e si può essere tratti in inganno anche da una banale finta. Il vuoto della mente ed il duro allenamento del corpo permettono di raggiungere l'unità di spirito e di corpo: il corpo (temprato dall'esercizio), non più frenato dalla mente (vuota), è pronto allora a reagire istantaneamente nel modo più efficace e puro agli stimoli.
Non vi è più nessun freno fra
percezione reazione; il tempo di reazione è il più breve
possibile e la tecnica “perfetta”. Le tecniche “perfette”
sono sempre eseguite in maniera inconscia, paradossalmente prima
eseguite e poi pensate.
Ricordiamo infine che per gli ideali
pacifisti e di non violenza del Buddismo, in perfetta armonia con
quelli taoisti, il fine pratico delle arti marziali non è più
l'eliminazione dell'avversario, ma l'autodifesa e la protezione
dei deboli.
Il Confucianesimo e le Arti Marziali
Confucio |
Lo stesso Confucio, oltre allo studio degli antichi classici, consigliava ai giovani la pratica delle arti marziali e sembra addirittura che egli abbia insegnato il tiro con l'arco e l'equitazione (corsa con i carri da guerra). Egli era convinto della necessità di coltivare sia la mente che il corpo.
Il rituale che ancor oggi esiste nelle
palestre in cui vengono insegnate le Arti Marziali Tradizionali è di
stretta derivazione confuciana.
Fanno parte di questo rituale la cerimonia del saluto, le relazioni fra allievi anziani e allievi giovani, il rispetto dei gradi, la cortesia, la venerazione per gli antichi capiscuola e il sentimento di riverenza e fiducia per il maestro. Non per niente un vero maestro di arti marziali viene chiamato in cinese Shih Fu che significa maestro e padre.
Tutto questo non deve essere pura esteriorità, ma la manifestazione genuina di uno stato d'animo interiore.
Fanno parte di questo rituale la cerimonia del saluto, le relazioni fra allievi anziani e allievi giovani, il rispetto dei gradi, la cortesia, la venerazione per gli antichi capiscuola e il sentimento di riverenza e fiducia per il maestro. Non per niente un vero maestro di arti marziali viene chiamato in cinese Shih Fu che significa maestro e padre.
Tutto questo non deve essere pura esteriorità, ma la manifestazione genuina di uno stato d'animo interiore.
Senza il loro millenario rituale, le arti
marziali perdono il loro spirito più autentico e inevitabilmente si
trasformano in attività violente e poco educative o, nella migliore
delle ipotesi, in semplici sport.