FILOSOFIA DEL KUNG FU

Uomo che pensa
Le diverse scuole di pensiero hanno guidato e modellato per migliaia di anni la vita e le istituzioni del popolo cinese. Notevolissima è stata la loro influenza anche sullo sviluppo delle Arti Marziali Tradizionali. Lo studio della filosofia cinese permette quindi di comprendere non solo l'anima della Cina, ma anche il vero significato e lo spirito profondo delle arti marziali.
È impossibile trattare adeguatamente in una pagina un argomento così vasto e complesso, per cui ci accontenteremo di pochi accenni relativi agli argomenti principali ed a quelli che hanno maggior attinenza con lo studio del Kung Fu. Chi è interessato ad approfondire le conoscenze potrà fare riferimento a testi specializzati.

Lo scopo principale perseguito dalla filosofia cinese non è stato quello di comprendere il mondo, ma di rendere “grande” l'uomo.

Nel Confucianesimo tale meta viene conseguita coltivando la virtù della “sensibilità umana” perché, secondo Confucio, l'uomo può sviluppare ed aiutare sé stesso solo se sviluppa ed aiuta gli altri.

Nel Taoismo il risultato viene raggiunto quando l'uomo diviene una sola cosa con la natura, con la “via interiore” dell'Universo.

Nel Buddismo Chan l'uomo si perfeziona e raggiunge la vera comprensione, che non è intellettuale, tramite la meditazione.

Anche se alcune scuole o teorie filosofiche cercano di indagare la natura dell'Universo, l'uomo non viene mai dimenticato, ma è considerato come il legame fra il Cielo e la Terra. La comprensione del mondo permette così, di capire meglio l'uomo e il suo microcosmo, rispecchiando fedelmente il macrocosmo dell'Universo (l'uomo è inteso come un piccolo Universo).
Ma cosa significa veramente “rendere grande” l'uomo?
L'aggettivo grande ha un doppio significato perché si riferisce sia alla grandezza interiore che a quella esteriore.
Questi concetti sono ben definiti dal filosofo Fung Yu Lan (Storia della filosofia cinese, Mondadori, si consulti a proposito la sezione Bibliografia) con i termini di “saggezza interiore e regalità esteriore”. La forma più elevata di sviluppo per l'uomo è quella del saggio e compito della filosofia è quello di rendere l'uomo capace di sviluppare le suddette qualità. L'interiore saggezza permette al saggio di elevare il proprio spirito, mentre con la regalità esteriore egli compie una funzione sociale.
Ma perché il termine “regalità”? Fung Yu Lan, nel suo libro, scrive:
Chi possiede lo spirito più nobile dovrebbe teoricamente essere un re; se poi di fatto lo sia o meno ciò è irrilevante.”
Un vero Shih-fu (Maestro di Arti Marziali) è un saggio, perché chi studia il kung fu, deve sempre sviluppare parallelamente all'abilità tecnica, anche la grandezza interiore dello spirito e la regalità esteriore.  

Il Taoismo e le Arti Marziali
Lao Tse
Il Taoismo ha influenzato in modo determinante le Arti Marziali Tradizionali Cinesi.
Per il principio del Wu Wei, il Kung Fu non è un'arte violenta, ma esclusivamente difensiva. Non bisogna infatti “agire” attaccando, ma semplicemente adattare la nostra azione a quella dell'avversario.
Lo stesso Lao Tzu dice:
Un buon guerriero non è bellicoso”
“Un buon combattente non è collerico”
“Un buon vincitore non dà battaglia”
La morbidezza e la cedevolezza sono qualità essenziali nella pratica delle arti marziali. Non bisogna infatti opporsi alla forza dell'avversario, ma bisogna utilizzare la sua forza per batterlo. Ecco perché Lao Tzu afferma che:
Fra due combattenti vince colui che cede”
Nel Tao Te Ching è inoltre messa in evidenza l'importanza di non sottovalutare il proprio avversario:
Non c'è disgrazia più grande di prendere alla leggera il proprio avversario; se faccio così rischio di perdere i miei tesori”
L'umiltà deve essere una delle virtù fondamentali di un capo:
"Un buon comandante è un uomo umile”
Anche le tecniche taoiste fisiche, di respirazione, di meditazione, di circolazione del Qi hanno avuto un'importanza determinante sullo sviluppo del Kung Fu.
Il più importante contributo del Taoismo alle arti marziali è stata comunque la creazione del Taiji quan, attribuita al monaco taoista Chang San Feng.
Tutti i principi del Taijiquan sono in perfetto accordo con gli insegnamenti del Taoismo.
Il Taijiquan può infatti considerarsi un'arte marziale, in cui il principio della morbidezza e della cedevolezza è di fondamentale importanza; può considerarsi inoltre una forma di ginnastica destinata a conferire longevità e salute al corpo umano ed infine una forma di meditazione dinamica grazie alla quale possiamo unificarci con il Tao.

Il Buddismo Chan e le Arti Marziali
Buddha
Grazie al Buddismo Chan e al Taoismo le arti marziali sino-giapponesi, create per uccidere, sono diventate delle Vie per il perfezionamento spirituale.
Il Tai Ji Quan ha indubbiamente una matrice più taoista che buddista, ma non si può negare l’influsso della scuola Chan sul suo sviluppo. Anzitutto il Taijiquan deriva direttamente dallo Shaolin Quan, che nacque proprio nel tempio in cui aveva a lungo insegnato lo stesso Bodhidarma. In secondo luogo taoismo e buddismo, si sono senza dubbio influenzati a vicenda. E si comprende anche perché le Arti Marziali Tradizionali Cinesi si svilupparono in un monastero Chan (Shaolin Szu). La vita in un monastero Chan era adattissima per chi voleva praticare seriamente: l'alimentazione era frugale, il sonno permesso solo quello strettamente necessario e per di più su un duro giaciglio, il lavoro e l'allenamento fisico molto pesanti, la disciplina severissima. Erano richiesti puntualità, autocontrollo, sopportazione del caldo, del freddo, del dolore, imperturbabilità di fronte al pericolo ed alla morte.
Abbiamo inoltre visto che il Buddismo Chan insegna a vuotare la mente, a liberarla da ogni idea preconcetta, da ogni influenza esterna. Si può così arrivare ad uno stato di ricettività totale che permette di reagire istintivamente al minimo stimolo.
Se la mente è libera da ogni pensiero, priva di aggressività o paura, si possono percepire le intenzioni di un avversario ed agire di conseguenza; si può coltivare cioè un sesto senso che permette di prevedere il pericolo e di anticipare le azioni del nemico.
Se la mente è invece turbata da pensieri o da preoccupazioni d'attacco o di difesa, non è possibile percepire correttamente le intenzioni dell'avversario e si può essere tratti in inganno anche da una banale finta. Il vuoto della mente ed il duro allenamento del corpo permettono di raggiungere l'unità di spirito e di corpo: il corpo (temprato dall'esercizio), non più frenato dalla mente (vuota), è pronto allora a reagire istantaneamente nel modo più efficace e puro agli stimoli.
Non vi è più nessun freno fra percezione reazione; il tempo di reazione è il più breve possibile e la tecnica “perfetta”. Le tecniche “perfette” sono sempre eseguite in maniera inconscia, paradossalmente prima eseguite e poi pensate.
Ricordiamo infine che per gli ideali pacifisti e di non violenza del Buddismo, in perfetta armonia con quelli taoisti, il fine pratico delle arti marziali non è più l'eliminazione dell'avversario, ma l'autodifesa e la protezione dei deboli.

Il Confucianesimo e le Arti Marziali
Confucio
Per oltre duemila anni tutti gli aspetti della civiltà cinese sono stati influenzati e condizionati dal Confucianesimo.
Lo stesso Confucio, oltre allo studio degli antichi classici, consigliava ai giovani la pratica delle arti marziali e sembra addirittura che egli abbia insegnato il tiro con l'arco e l'equitazione (corsa con i carri da guerra). Egli era convinto della necessità di coltivare sia la mente che il corpo.
Il rituale che ancor oggi esiste nelle palestre in cui vengono insegnate le Arti Marziali Tradizionali è di stretta derivazione confuciana.
Fanno parte di questo rituale la cerimonia del saluto, le relazioni fra allievi anziani e allievi giovani, il rispetto dei gradi, la cortesia, la venerazione per gli antichi capiscuola e il sentimento di riverenza e fiducia per il maestro. Non per niente un vero maestro di arti marziali viene chiamato in cinese Shih Fu che significa maestro e padre.
Tutto questo non deve essere pura esteriorità, ma la manifestazione genuina di uno stato d'animo interiore.
Senza il loro millenario rituale, le arti marziali perdono il loro spirito più autentico e inevitabilmente si trasformano in attività violente e poco educative o, nella migliore delle ipotesi, in semplici sport.