mercoledì 27 giugno 2012

L'ARTE MARZIALE TRADIZIONALE


Il problema che si riscontra spesso nelle discipline tradizionali è quello di passare molto tempo allo studio di tecniche e applicazioni senza allenare in modo concreto e reale il combattimento.
Alcune scuole si accontentano di allenare le applicazioni in modo controllato.
Altre delegano il combattimento alla pratica del sanda, avendo inevitabilmente due tipi di preparazione differenti (tradizionale e sportivo).
Le scuole di stili interni, si affidano allo studio del movimento, della posizione e della sensibilità.
Alcuni sistemi allenano la corta distanza e la continua pratica di routine e combinazioni.
Naturalmente ci sono le eccezioni, ma direi che questa è la media.
E' come se gli stili tradizionali avessero perso tutta la loro efficacia a causa del loro morboso legame con la tradizione e lo stile, perdendo la visione di insieme.
Un legame che sembra non permettere un corretto sviluppo di ciò che efficace.
In realtà non è tanto la tradizione o lo stile a bloccare l'arte marziale ma il modo distorto di allenare il combattimento.
Tutti gli esercizi praticati devono avere un risvolto pratico e non c'è miglior riscontro se non attraverso il combattimento libero.
Purtroppo questo tipo di allenamento, con le dovute protezioni, non è un esercizio del tutto scontato nelle discipline tradizionali.
Se fosse così, molte discipline si accorgerebbero dell'inadeguatezza del loro allenamento.
In questo, lo sguardo alle discipline sportive nate negli ultimi decenni, è stato molto utile e molte discipline tradizionali hanno cominciato ad assimilarne le metodologie.
Tra questi  l'uso dei colpitori, del sacco.
Molto utili nello studio della distanza. della potenza, l'allenamento alle combinazioni ecc.
Anche il modo di muoversi è cambiato. Ora un praticante marziale si muove in modo molto più naturale di qualche tempo fa, molto più simile ad un pugile che ad un attore di film di Hong Kong.
Chi combatte imitando animali o assumendo posizioni eccessivamente basse e statiche, o è un principiante o è qualcuno che non si è reso conto che le arti marziali tradizionali sono cambiate e che combattere non è eseguire una forma, ma comprenderne i principi.
Il praticante tradizionale non può ridursi a mero esecutore di un rito.
Se si vuole che l'arte marziale tradizionale sopravviva, è necessario mantenerne viva la sua anima: l'efficacia. E questo lo si può fare solo attraverso un approccio empirico e non accademico.
Non è necessario stravolgere un sistema, è sufficiente sfruttare in modo concreto le capacità del proprio stile.
Del resto in un combattimento reale non serve sfoderare l'intero repertorio di arti marziali ma di utilizzare quelle poche tecniche utili ad una veloce conclusione.
Penso che in questi decenni di pace, si sia perso lo spirito vero dell'arte marziale cioè quello del vero confronto. Questo ha permesso lo sviluppo di tecniche e metodi di allenamento che sviluppassero o enfatizzassero altri lati dell'arte marziale quale l'estetica del movimento, lo studio dell'energia, la salute ecc.
Il problema purtroppo è presente tanto nelle scuole cinesi quanto in quelle occidentali.
Questo non è solo un problema pratico ma filosofico, perchè solo nella pratica vera del combattimento, nella vera ricerca della gestione del conflitto c'è il significato più importante e genuino delle arti marziali tradizionali. Il legame col passato e la tradizione sono importanti per la creazione di quei valori che costituiscono l'anima dell'arte marziale ma fini a se stessi sono inutili. 



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